Archivio fotografico Comunità di Sant’Egidio, Milano


Diario al tempo del coronavirus n. 6

La Libertà del 25 Aprile

«Voi occidentali – dice Gandhi –  vivete l’ora, ma non il tempo». Da oltre due mesi siamo fermi, lontani e distanti. Un tempo dove abbiamo ascoltato la storia della piccola Anna che, nonostante l’infezione da coronavirus voleva vivere. Dopo una lotta di due settimane dal parto guarisce. Oggi, con mamma Valentina, respira l’aria fresca della vita e della libertà.

La storia della piccola Anna ha anticipato quella di un 25 Aprile profondamente diverso dai soliti. Sui tetti, sulle finestre e sui balconi, non dalle piazze, suonava il violino della memoria. I vecchi insieme a giovani e bambini cantavano Bella ciao. La voce misteriosa del vento sventolava le bandiere tricolori nell’azzurro del cielo. La libertà è per tutti! «Se oggi siamo liberi di manifestare, cantare, gioire e criticare – disse anni fa l’eclettico cantante Morgan – lo dobbiamo a chi lottò, anche con il sacrificio della propria vita, per conquistare la libertà di cui noi oggi godiamo. Per questo li dobbiamo sempre ricordare e onorare».La tradizione non è conservare le ceneri, ma alimentare il fuoco. «Non c’è paragone – dice Franco Monaco – tra l’oppressione di quegli anni e il nostro stare a casa per precauzione. Giorni tragici allora, giorni complicati anche i nostri». Tra i troppi morti per il coronavirus nella val Brembana ci sono anche tredici partigiani che lottarono per liberare il Paese dall’oppressione donandoci proprio la libertà che  respiriamo. 

Questa mattina, 25 aprile ‘20, mentre mi recavo a fare la spesa con mascherina, dalla finestra di una casa leggo uno striscione cubitale. “Il fascismo ha cambiato volto. Apri gli occhi. Resisti”. C’è un graffiante invito profetico ad “aprire gli occhi”, cioè capire il cambiamento di passo di un pericoloso totalitarismo non  scomparso che interpella tutti, anche i cattolici. Una domanda. Ci siamo accorti che il consumismo esasperato, come avvertì Pasolini, potrebbe diventare, forse lo è di già, la dorata prigione della libertà incatenata dai consumi del superfluo? Oggi resistere significa capire che la libertà donata è stata usata male. E’ necessario «ripensare la nostra idea – dice Luigi Ciotti – di libertà. La libertà è un bene comune prima che individuale. E’ un bisogno di tutti. Per questo è da sempre il motore più potente della Storia, quello che spinge a lottare contro le ingiustizie, le violenze, le dittature. Quello che ha animato la Resistenza e ci ha consegnato la democrazia».

La democrazia non è mai scontata e deve essere sempre assimilata e difesa. «Chi rompe le lapidi – continua Franco Monaco – , chi brucia l’alloro, chi danneggia le pietre d’inciampo, chi contrasta le sedi della solidarietà e della carità deve farci avvertiti che dobbiamo essere vigili, più vigili, per non perdere la prospettiva di libertà indicata dalla Costituzione». Il virus dell’indifferenza e dell’egoismo ama il grigio della morte. Per vedere i colori sgargianti della vita, della libertà, bisogna uscire da questo tunnel. L’eredità di questo 25 aprile «è etica – continua Luigi Ciotti – e insieme pragmatica: impegnarci di più, insieme, per costruire un Nuovo Umanesimo, un nuovo paradigma dell’umano, come anche esorta la Laudato sì di papa Francesco». Un impegno culturale perché la norma scritta è insufficiente per la sua realizzazione.

Oggi, 25 aprile, mi è giunta una buona notizie che non leggerete in nessun quotidiano perché «è più facile – dice Albert Einstein – disintegrare l’atomo che il pregiudizio». Spesso sono le donne che anticipano schegge di futuro. Oggi la comunità di Sant’Egidio di Milano ha diramato un augurio per la giornata della Liberazione attraverso le storie di Dorina, Alina, Flora, Genesa, Cristina e Flori. Sei donne rom che, nelle baracche e sotto i cavalcavia, vivevano le conseguenze dell’incultura dello scarto e del pregiudizio. Oggi camminano sulla strada dell’impegno, della cultura e dell’integrazione nella società. La storia di Dorina e di Alina sono toccanti perché incrociano questo difficile tempo del coronavirus.  Dorina da oltre un anno lavorava, come addetta alle pulizie, nel reparto fisioterapico in una Rsa. Con l’emergenza Covid viene spostata nel reparto malati di coronavirus e si ammala. Con due figli piccoli ha paura di morire. Dorina guarisce e le viene chiesto di tornare a lavorare. Poteva rifiutarsi, invece torna a lavorare nella Rsa. La scelta fa la differenza. «Non vai in uno Stato ricco – dice Flaviana Robbiati della comunità di Sant’Egidio – solo per chiedere, ma sei diventata una cittadina di questo Stato di cui ti senti parte nell’avere e nel dare, nel soffrire insieme, nel dispiacersi, nel preoccuparsi e nel condividere. Forse possiamo contare anche lei tra i nostri eroi». Alina ha un figlio adolescente sordomuto. Ogni mattina mamma e figlio, con l’aiuto di un volontario, seguono la didattica scolastica a distanza per imparare la lingua dei segni. In questo tempo molti volontari della comunità di Sant’Egidio aiutano 80 bambini rom, con loro seguono le lezioni scolastiche in video chiamata. Alina segue il figlio con orgoglio, con lui fa i compiti con soddisfazione perché impara. Sente il piacere dell’apprendere, della conoscenza e della scoperta. Un arricchimento che trasferisce al figlio. Alina ama anche il giardinaggio. Nel giardino condominiale cresceva erbaccia incolta. Decide di prendersene cura. Dopo aver vangato e diserbato il terreno incolto lo ha seminato di fiori.  

                                                                                                              S.M.

N.B.  Le fotografie (Archivio fotografico Comunità di Sant’Egidio, Milano) rappresentano bambini rom che studiano e i loro disegni

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